A PROPOSITO DI …
Ho sempre sognato di fare l’attrice, la regista, la produttrice, la commediografa o la costumista… o magari tutto insieme. Per farla breve, volevo far parte del mondo dello spettacolo.
Dal modo in cui imparavo a memoria i motivetti di ogni musical di successo dei tardi anni cinquanta e sessanta e da come li mettevo in scena fino alla nausea davanti allo specchio della nostra sala da pranzo, sapevo che ero destinata a brillare quanto le luci sfavillanti di Times Square. Cantare, o meglio gorgheggiare, con plateale accento spagnolo “I feel pretty” da West Side Story agitando un ventaglio di “pizzo” fatto coi centrini di carta e volteggiando fasciata in una delle tovaglie inamidate di mia madre, era uno dei miei numeri preferiti. Vi ho già detto che su quello specchio c’era una crepa lunga e sottile che i miei genitori non avevano mai avuto il tempo di riparare? Beh, adesso penso che fosse un segno.
Non mi sono mai esibita a Broadway, ma dopo essere andata a caccia di altre muse per oltre venticinque anni (il mio amore per la scoperta mi ha portato a viaggiare in quattro continenti e ad abitare in due in veste di diplomatica e quello per l’arte a insegnare arte e storia dell’architettura all’università) sono tornata al mio sogno di bambina: scrivere… libri piuttosto che commedie. Il primo dei quali, un libro di memorie familiari vincitore di diversi premi, è una lettera d’amore non solo ai miei antenati, ma anche a un’intera generazione di neri americani che ha lottato per una giusta causa prima del più pubblicizzato movimento per i diritti degli anni cinquanta. Ho scritto questo libro anche perché le loro gesta erano rimaste fuori dai libri di storia.
Ho resuscitato il mio talento di Tespi diventando oratrice; ho presentato il mio libro e parlato di anonimi attivisti per i diritti civili in più di settanta incontri in Europa, negli Stati Uniti, in Nord Africa e anche, il mio preferito di sempre, alla Oxford University. Ho anche coordinato e organizzato conferenze, rassegne cinematografiche ed esposizioni artistiche.
Alla fine, sono riuscita davvero a calcare la ribalta. Quanto al canto, confino le mie doti canore alla sala da bagno o a gruppi in cui la mia voce non si può distinguere davvero dalle altre! E i costumi? Date un’occhiata al mio armadio!
Per la cronaca, ho già accennato al fatto che vivo a Roma? Un teatro a cielo aperto senza paragoni!
Gail Milissa Grant
Ps: se vi fa piacere scoprire qualcosa in più, allego qui il mio Curriculum Vitae
AUTRICE
“Casa Grant, Il percorso di una famiglia americana verso i diritti civili”
Per il video snapshot del libro, clicca qui!
Sono particolarmente orgogliosa del memoriale della mia famiglia perché è stato concepito allo scopo di rendere onore ai miei antenati che, come Americani neri, hanno lavorato duramente, si sono scolarizzati e, attraverso un atto dopo l’altro di quotidiano coraggio, hanno aperto la strada al moderno movimento per i diritti civili degli anni ’50 e oltre.
Fin dalle scuole elementari, ho sempre saputo che un giorno la loro storia e la mia avrebbero interessato anche altri.
Oltre alle innumerevoli storie su come riuscirono a farsi strada attraverso un’America segregazionista, i miei genitori mi hanno raccontato di come infransero anche una barriera razziale di tipo abitativo fondando, nei tardi anni ’40, la propria dimora in un quartiere residenziale di soli bianchi a Saint Louis, nel Missouri.
Noi eravamo l’unica famiglia nera, l’unica famiglia di professionisti, e io e mio fratello eravamo gli unici Protestanti in una scuola elementare Cattolica. Di certo una situazione ostile, ma anche estremamente fortificante e edificante.
Vi invito quindi a sedervi con me e i miei antenati ad ascoltare i racconti di mio padre su quando lavorava come facchino ferroviario, o come cameriere e musicista jazz sulle navi da crociera che attraversavano i Grandi Laghi e il fiume Mississipi, prima che diventasse uno dei principali avvocati e attivisti civili di Saint Louis, e godetevi anche i racconti di mia madre sulla sua educazione di viziata figlia unica di una delle prime imbalsamatrici nere del Missouri.
Sentirete parlare anche delle celebrità che ospitammo a casa nostra durante gli anni ’50 ( Josephine Baker, Cab Calloway, ecc.) perché non gli era permesso soggiornare in nessuno dei grandi hotel locali, dal momento che Saint Louis era ancora nella morsa delle leggi Jim Crow, che separavano i neri dai bianchi – a scuola, nelle abitazioni e nella maggior parte dei servizi pubblici. Attraverso una serie di aneddoti faccio luce su quei tempi e presento episodi di un capitolo della storia degli Stati Uniti che la maggior parte degli Americani ancora ignora del tutto.
Il mio libro è corredato da decine di fotografie, molte delle quali mai pubblicate prima e alcune risalenti alla fine del 1800. Clicca qui per vedere la galleria fotografica!
Per l’edizione italiana contatta:
gail_milissa@icloud.com
Disponibile in copertina rigida e per il download (in inglese):
www.amazon.com
The Missouri History Museum